Italia paese di inventori: nel 2022 depositate 4.864 domande di brevetti

Nel corso del 2022, le aziende e gli inventori italiani hanno depositato un totale di 4.864 domande presso l’Ufficio europeo dei brevetti (Epo). Si tratta del secondo “record” più alto della storia, dopo l’export di 4.920 domande registrato nel 2021. Nonostante la diminuzione dell’1,1% rispetto all’anno precedente, il numero complessivo di richieste rimane elevato, grazie all’incremento costante del 6,5% nel 2021 e del 3,4% nel 2020, anni di pandemia. Nel corso degli ultimi cinque anni, le domande di brevetto provenienti dall’Italia sono cresciute del 10% in totale.

Crescono le innovazioni in tema green

Secondo l’indice dei brevetti del 2022, l’Epo ha ricevuto un totale di 193.460 domande, registrando un aumento del 2,5% rispetto all’anno precedente e stabilendo un nuovo record. Il presidente dell’Epo, António Campinos, ha dichiarato che si sta assistendo a una crescita solida e sostenuta delle domande di brevetto per le innovazioni verdi, le tecnologie per l’energia pulita e altri metodi per generare, distribuire o immagazzinare elettricità.

Lombardia la prima italiana per inventiva

In Italia, otto regioni si sono posizionate tra le prime cento in Europa per il numero di domande di brevetto presentate all’Epo. La Lombardia è stata la regione italiana con il maggior numero di domande, con 1.547 richieste, piazzandosi al dodicesimo posto in Europa. Al secondo e al terzo posto si sono posizionate rispettivamente l’Emilia Romagna, con il 24esimo posto in Europa, e il Veneto, al 32esimo posto.
Le altre regioni italiane incluse nella classifica sono state il Piemonte, la Toscana, il Lazio, il Friuli Venezia Giulia e il Trentino Alto Adige, rispettivamente al 41esimo, 64esimo, 92esimo, novantesimo e 41esimo posto in Europa. L’Umbria è stata la regione che ha registrato la maggior crescita, con un aumento del 82,8%, seguita dalla Valle d’Aosta (+62,5%), dalla Basilicata (+33,3%) e dalla Campania (+20,2%).

Tre regioni italiane rappresentano il 60% delle domande

La Lombardia rappresenta la regione italiana con il maggior numero di richieste di brevetto, con il 31,8% del totale delle domande italiane. L’Emilia Romagna (16,2%) e il Veneto (14%) sono rispettivamente al secondo e al terzo posto. Queste tre regioni rappresentano più del 60% di tutte le domande di brevetto dall’Italia all’Epo. Qualunque sia la provenienza della domanda – e non sorprende che arrivi dalle aree più produttive dello stivale – il nostro Paese si conferma una fucina di creatività e innovazione. 

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Crisi demografica e università: -20% immatricolazioni nel 2040

A causa della crisi demografica, nel 2040 tutti i 10 grandi atenei italiani che oggi attraggono il maggior numero di studenti da altre regioni potrebbero registrare contrazioni nelle immatricolazioni fuori sede superiori al 20%. In particolare, il fenomeno riguarderebbe gli atenei di Bologna, quello di Ferrara, La Sapienza di Roma, il Politecnico di Milano, il Politecnico di Torino, l’Università Cattolica di Milano, e ancora, gli atenei di Perugia, Padova, Parma e Trento. Insomma, fra vent’anni gli atenei italiani rischiano quasi di scomparire per colpa della crisi demografica. Secondo l’ultimo rapporto di Talents Venture il declino demografico dei giovani di età compresa tra i 18 e i 21 anni pone questioni rilevanti di sostenibilità per il sistema universitario italiano.

A rischio molti corsi di laurea

In pratica, quindi, molti corsi di laurea potrebbero sparire per l’assenza di un numero sufficiente di alunni, con inevitabili ripercussioni sul corpo docente e sul livello di competenze tecniche e professionali disponibili sul mercato del lavoro italiano. Il declino è sostanzialmente irreversibile: i giovani che nel 2040 avranno tra i 18 e i 21 anni sono nati tra il 2019 e il 2022, e questo declino potrebbe tradursi direttamente in una diminuzione di domanda formativa per gli atenei. A oggi, infatti, i giovani tra i 18 e i 21 anni costituiscono circa il 90% degli immatricolati degli atenei italiani.

L’inverno demografico inizia a farsi sentire

La situazione è più critica nel Sud Italia. Di fatto, gli atenei più esposti al declino demografico nei prossimi anni saranno quelli le cui sedi didattiche sono situate nel Mezzogiorno. Gli atenei che potrebbero vedere ridursi maggiormente in termini percentuali gli immatricolati ‘in sede’, ovvero, senza considerare i ‘fuori sede’, che arrivano nelle sedi didattiche da altre province, sono quelli di Enna KORE, della Basilicata, di Foggia, Sannio e la Federico II di Napoli. Questi atenei potrebbero assistere a una riduzione degli immatricolati ‘in sede’ nelle proprie facoltà didattiche tra il 15% e il 24% entro il 2030 rispetto all’anno accademico 2021-2022. Insomma, l’inverno demografico inizia a farsi sentire.

In crisi gli atenei del Mezzogiorno e del Centro-Nord

La riduzione demografica del Mezzogiorno riguarderà però anche i grandi atenei del Centro-Nord, che dalle regioni del Sud e dalle Isole attraggono molti studenti fuori sede. L’università La Sapienza di Roma, ad esempio, nel 2030 potrebbe registrare riduzioni degli immatricolati fuori sede provenienti da altre regioni del 6% rispetto ai valori all’anno accademico 2021-2022. Questo, a causa della diminuzione della popolazione di 18-21enni, che in questi anni riguarderà Sicilia, Puglia, Campania, Calabria e Basilicata.

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Cosa si aspettano le persone dai brand?

Oggi chi consuma chiede al mondo delle imprese di uscire da una logica legata unicamente al profitto, e di essere più attenta al benessere della società. E queste richieste si fanno ancora più insistenti in un momento di forte difficoltà e incertezza come quello attuale. Nel corso degli ultimi anni, l’Osservatorio Civic Brands, il progetto nato nel 2019 dalla collaborazione tra Ipsos e Paolo Iabichino (direttore creativo e co-fondatore dell’OCB) ha registrato una profonda trasformazione nel rapporto tra le aziende e i consumatori. Durante l’evento No Purpose, No Party, dedicato ai civic brands, è stata presentata l’ultima rilevazione dell’Osservatorio condotta da Ipsos a dicembre 2022.

Attivismo genuino ed economicamente tangibile

Dalla rilevazione dell’Osservatorio emerge come oltre un intervistato su 2 (56%) dichiari di essere attento ai comportamenti in ambito sociale, culturale o politico da parte delle aziende. Al contempo, secondo gli intervistati, in un periodo caratterizzato dal caro vita come quello che stiamo vivendo l’attivismo dei brand si dovrebbe tradurre in un supporto tangibile al consumo, ovvero in un aiuto reale ed economico. Vicinanza e fiducia sono quindi le richieste che emergono dall’analisi Ipsos. Il 79% degli intervistati, infatti, sostiene che marche e aziende dovrebbero agire principalmente per contribuire a porre un freno al continuo incremento dei prezzi. Insomma, dovrebbero mostrare un’attitudine people centric e una richiesta di concretezza quando si parla di attivismo e impegno di marca.

Come non perdere il favore dei consumatori?

Ma nel confronto con i dati raccolti nel 2021 si registra un aumento di chi dichiara di non credere all’impegno delle marche in ambito sociale, culturale o politico. Troppo spesso, infatti, consumatori e consumatrici percepiscono le dichiarazioni di impegno da parte delle aziende solo come un modo per ‘lavarsi la coscienza’ (56%, +5% vs. 2021), oppure dichiarano che in fondo l’unico interesse reale delle aziende è e rimane il profitto (51%, +7 % vs. 2021).  Quasi la metà delle persone intervistate (47%) ha addirittura smesso di comprare alcuni prodotti o servizi di marche e aziende perché deluso dal loro comportamento in ambito sociale, culturale o politico, percentuale leggermente in crescita rispetto alla scorsa rilevazione (+3 punti vs. 2021). Risulta fondamentale, quindi, procedere con cautela e genuinità per non rischiare di perdere il favore dei consumatori.

Agire per il bene collettivo richiede trasparenza

“L’attenzione verso il ruolo sociale, politico, culturale che marche e aziende devono giocare per la collettività, cresce di pari passo alle aspettative nei loro confronti – commenta Andrea Fagnoni, Chief Client Officer Ipsos e co- fondatore dell’OCB -. Raccogliere questa richiesta e agire per il bene collettivo richiede però impegno, costanza e soprattutto trasparenza e dialogo con tutti gli interlocutori, siano essi istituzionali che singole comunità di individui. Non può esistere oggi impegno da parte di marche e aziende senza un chiaro patto di fiducia con i cittadini”.