Come trattenere i dipendenti che vogliono cambiare lavoro?

L’esperienza del Covid e l’introduzione del lavoro agile hanno portato a una diffusa insoddisfazione per la propria occupazione. Un’indagine condotta dalla Fondazione studi consulenti del lavoro in collaborazione con SWG, dal titolo Italiani e lavoro nell’anno della transizione, dimostra che il 55% dei dipendenti è insoddisfatto della propria occupazione, e il 15% è già passato ai fatti avviando la ricerca di un nuovo lavoro. Come è noto, non si tratta di un fenomeno puramente italiano. Negli Stati Uniti di Great Resignation si parla già dalla primavera 2021, ma non tutti gli aspetti dell’ondata di dimissioni sono comuni a livello internazionale. Cosa spinge quindi gli italiani a voler cambiare lavoro?

I fattori dell’insoddisfazione

Nel 38,7% dei casi a spingere verso una nuova occupazione è l’insoddisfazione, nel 35,4% la voglia di novità, poi la paura di perdere il lavoro (11,8%) e la scadenza del contratto (9,8%). Ma quali sono i fattori che generano insoddisfazione nei lavoratori? Nella maggior parte dei casi si tratta delle scarse opportunità di carriera (40,9%) e dei salari bassi (31,9%), ma per il 49% è necessario che il nuovo lavoro permetta un maggior equilibrio personale, maggior tempo da dedicare a sé stessi e minor carico di stress.
“Lo smart working è una modalità che ben concilia il lavoro con la vita privata, ma va ben strutturato perché diventi un’opportunità per il futuro”, commenta Marina Calderone, presidente del Consiglio nazionale dell’ordine dei consulenti del lavoro.

Il lavoro agile vince sull’aumento di stipendio

Nel 2022 l’84,2% di chi lavora in agilità promuove a pieni voti questo modello, in virtù della conciliazione tra lavoro e vita privata. L’introduzione del lavoro agile potrebbe quindi essere un fattore importante per trattenere i talenti. Ma come sottolinea Carola Adami, fondatrice di Adami & Associati, un’azienda deve muoversi su più fronti per ridurre il tasso di turn over: “il datore di lavoro che mira a ridurre le dimissioni volontarie in azienda deve prima di tutto rendere più efficace il processo di selezione del personale, sapendo peraltro che spesso le dimissioni arrivano a pochi mesi dall’assunzione”. Spesso si è poi convinti che per trattenere i talenti l’unica arma efficace sia quella dell’aumento dello stipendio. Un modo di pensare in buona parte superato, soprattutto per quanto riguarda i lavoratori più giovani.

I benefit personalizzati rafforzano il legame tra dipendente e azienda

“Una larga fetta di giovani lavoratori mette davanti agli stipendi le possibilità di sviluppo di carriera e formazione: ecco quindi che l’azienda che desidera trattenere i propri dipendenti dovrebbe investire soprattutto in tal senso”, conferma Adami. In molti casi, ancor più dell’aumento di stipendio, l’introduzione di benefit personalizzati rende più forte il legame tra dipendente e azienda. “Non va poi trascurato un aspetto più generale, relativo al modo in cui l’azienda decide di relazionarsi con i propri collaboratori – aggiunge l’head hunter -: un datore di lavoro che direttamente o attraverso i propri manager mostri di ascoltare i propri dipendenti e di avere fiducia nelle loro capacità e competenze, parte già avvantaggiato”.

Pubblicato
Categorie: Economia

Investimenti in fonti rinnovabili: l’Italia è meno attrattiva

Lo conferma la 59° edizione del report EY Renewable Energy Country Attractiveness Index (Recai): l’Italia arretra dal 13° al 15° posto nell’indice che classifica 40 Paesi in base all’attrattività di investimenti e opportunità di sviluppo nel settore delle energie rinnovabili. Una parziale contrazione confermata in parte anche dalla partecipazione alle aste. La settima asta per le energie rinnovabili dell’Agenzia statale per l’energia (Gse) è stata sottoscritta con un totale di 975 MW di capacità, assegnata tra 59 progetti solari fotovoltaici e 18 progetti eolici onshore di 3400 MW disponibili. Valori, questi, che indicano una partecipazione ridotta a tutte le sette aste svolte. Nell’ottava asta il Gse metterà a disposizione 3300 MW di capacità non aggiudicata nei round precedenti.

Un fattore che ostacola gli investimenti è il processo approvativo

Un fattore che ostacola gli investimenti nel settore delle rinnovabili in Italia, e che viene sollevato come priorità di intervento da tanti operatori, è il processo approvativo di nuovi investimenti e repowering. Questo processo richiede il consenso delle autorità locali da cui dipendono in larga parte le tempistiche talvolta molto lunghe di approvazione, e quindi, di realizzazione dei progetti.
Proprio per questo motivo, attualmente si sta valutando un’eventuale proposta di semplificazione burocratica, che contribuirebbe a migliorare il posizionamento dell’Italia nei confronti di altri Paesi.

Evoluzione tecnologica e disponibilità di risorse naturali

Nonostante il ranking italiano in ribasso, lo stato dell’arte delle rinnovabili nel Paese sta attraversando una fase di significativa trasformazione, in quanto il mercato sta evolvendo grazie a una serie di fattori che favoriscono un forte interesse nell’investire. Tra i fattori principali, i livelli bassi il costo di produzione (LCOE sotto ai 50 €/MWh) e in costante riduzione, grazie all’evoluzione tecnologica e alla buona disponibilità di risorse naturali. A favorire gli investimenti in questo ambito è anche lo sviluppo di contratti di PPA (Power Purchase Agreement) che permettono a stakeholder privati di siglare accordi bilaterali per sostituire parte del proprio approvvigionamento energetico con energia prodotta da impianti rinnovabili.

Il costo di produzione apre un’opportunità per i fornitori di energia

Inoltre, i prezzi all’ingrosso dell’energia elettrica oggi sono incredibilmente alti, comportando un maggiore interesse per l’energia green, meno competitiva sul mercato, perché ha un prezzo inferiore, stabile e non oggetto alle fluttuazioni delle altre commodity.  Il differenziale elevato tra valore della commodity (ovvero il prezzo all’ingrosso dell’energia) e il costo di produzione apre un’opportunità per i fornitori di energia elettrica, ovvero quella di vendere l’energia non a un prezzo pari o simile ai costi di produzione, ma a un valore intermedio rispetto al più elevato PUN (Prezzo Unico Nazionale). Questa opportunità, riporta Adnkronos, è ancora più attrattiva, dal momento che in Italia il mercato presenta un numero finito di nuovi progetti e una crescente domanda. Con l’aumentare dell’offerta e un’auspicabile riduzione del PUN, tale deviazione dovrebbe sgonfiarsi e riportare i valori degli scambi in linea con le previsioni passate.

Pubblicato
Categorie: Economia