Pagamenti digitali: nel 2023 rallenta ma cresce a doppia cifra, +12%

Nel 2023 il transato con strumenti di pagamento digitale ha registrato 444 miliardi di euro, un valore che include sia pagamenti basati su carte e wallet (436 miliardi di euro transati, +12% vs 2022), sia pagamenti basati su conto corrente (8 miliardi, circa +20%).
Dopo il biennio 2021-2022, che ha definito un cambiamento strutturale nelle abitudini dei consumatori, la crescita dei pagamenti digitali in Italia sta tornando lentamente verso ritmi antecedenti alla crisi pandemica.

In ogni caso, oggi quasi 8 transazioni digitali su 10 in negozio vengono effettuate in modalità ‘tap&go’ con carte fisiche contactless o dispositivi dotati di tecnologia NFC, che raggiungono un valore di transato pari a 240 miliardi.
Emerge dall’Osservatorio Innovative Payments della School of Management del Politecnico di Milano. 

Italia al 24° in Europa per numero di transazioni con carta

Sul totale dei consumi, i pagamenti digitali arrivano a costituire il 40% del valore, un’incidenza di poco inferiore a quella del contante.
A livello europeo, la crescita del nostro Paese non è ancora sufficiente per scalare posti in classifica. L’Italia rimane al 24° posto su 27 nella classifica della BCE per numero di transazioni pro capite con carta registrate nel 2022.

Un altro fenomeno in grande ascesa è il Buy Now Pay Later (BNPL). Nel 2023 nel nostro Paese il transato con questa forma di pagamento ha raggiunto 4,6 miliardi di euro, attestandosi, nella sua componente online, al 6,5% di penetrazione sul totale del mercato e-commerce nazionale.
Inoltre, il 14% degli italiani lo ha già utilizzato, principalmente per acquisti online.

Gli Alternative Payment Methods

Negli ultimi anni gli Alternative Payment Methods (APM), i pagamenti che non passano per i circuiti tradizionali come quelli delle carte, stanno guadagnando sempre più interesse da parte del mercato e delle Istituzioni.

Il grado di diffusione degli APM non è però omogeneo a livello globale. In Europa l’offerta di pagamenti alternativi cresce ancora in modo frammentato nei singoli Paesi. È infatti principalmente caratterizzata da servizi che riescono a ottenere buona diffusione locale, ma che si scontrano con maggiori complessità a livello internazionale.
Un’ulteriore spinta innovativa è data dallo sviluppo di nuove tecnologie, prima fra tutte l’Intelligenza artificiale, già diffusa nel mondo dei pagamenti per i processi interni. 

I trend del futuro: Open API, IoT, blockchain

Oltre all’AI, si guarda all’evolversi del trend dell’Open API, già avviato dalla PSD2, all’Internet of Things fino alle criptovalute e la tecnologia blockchain, che grazie alla definitiva approvazione della Markets in Crypto-Asset regulation (MiCAr), vedono un interesse crescente da parte di aziende e consumatori.

Anche l’Italia vede all’orizzonte nuove tecnologie e nuovi device che influenzeranno il modo in cui si effettueranno e accetteranno pagamenti.
Nel 2023 cominciano a prendere piede le prime soluzioni Software POS. Numerosi operatori del mondo dei sistemi cassa, hanno infatti iniziato a distribuire agli esercenti questo tipo di prodotti, utilizzabili sia come strumenti stand-alone sia in affiancamento ai dispositivi POS fisici già installati.

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Lavoro e cybersecurity: le aziende lamentano carenza di personale InfoSec

A fronte di un aumento della frequenza e della complessità degli attacchi e di una maggior richiesta di professionisti InfoSec da parte delle aziende, il numero di figure specializzate che soddisfano i requisiti aziendali in termini di competenze e livello di expertise sta diminuendo.

Secondo una ricerca condotta da (ISC)2 sulla forza lavoro nel campo della cybersecurity è emerso un gap di forza di quasi 4 milioni di lavoratori InfoSec nel 2022. E secondo la ricerca globale ‘The portrait of modern Information Security professional’, realizzata da Kaspersky, risulta che in Europa il 31% delle aziende intervistate considera i propri team di cybersecurity sotto organico.

Information Security Research e Malware Analysis i più difficili da trovare in Europa

A livello mondiale, la Russia ha registrato la maggiore carenza di personale, seguita da America Latina, APAC e META.
I ruoli di Information Security Research e Malware Analysis sono quelli che registrano in Europa una maggiore carenza di personale, e secondo il 47% delle aziende, sono anche i più difficili da assegnare. L’Europa è il Paese con la maggiore richiesta per questi ruoli, seguita da Russia e America Latina.

In Europa le posizioni di Threat Intelligence e Security Research (43%), Security Assessment (40%) e Security Operations Center (37%) sono leggermente meno carenti di personale, mentre il minor numero di posti disponibili, nonostante sia un ruolo ancora molto richiesto, è quello di Network Security (36%).

Il settore governativo segnala le richieste maggiori

A livello mondiale, invece, la carenza di esperti SOC è particolarmente evidente in APAC, mentre quella di analisti di Security Assessment e Network Security riguarda soprattutto l’area META.
Se si considerano i fabbisogni di cybersecurity nei vari settori a livello mondiale, il settore governativo ha segnalato la più alta richiesta di professionisti della cybersecurity e ha ammesso che quasi la metà (46%) dei ruoli InfoSec richiesti non sono stati coperti.

Anche i settori telco&media (39%) sono carenti di personale, seguiti da retail & wholesale e sanità con il 37% di ruoli vacanti.
I settori che hanno registrato il minor numero di posti liberi in ambito InfoSec sono, al contrario, l’IT (31%) e i servizi finanziari (27%), ma è allarmante che le cifre si aggirino comunque intorno a un terzo.

“Difficoltà a formare professionisti idonei”

“Per ridurre la carenza di professionisti qualificati nel campo dell’InfoSec, le aziende offrono stipendi elevati, migliori condizioni di lavoro e programmi di bonus – commenta Vladimir Dashchenko, Security Evangelist, ICS CERT, Kaspersky -. Il tasso di crescita del mercato IT nazionale in alcune regioni in via di sviluppo sta cambiando così rapidamente che il settore del lavoro non è in grado di preparare e formare specialisti idonei, dotati delle conoscenze e delle competenze necessarie, in tempi così stretti. Al contrario, le aree con economie sviluppate e aziende mature non registrano una carenza così marcata, poiché i loro tassi sono inferiori alla media del mercato”.

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I lavori del futuro secondo LinkedIn

C’è tanta tecnologia, competenze digitali, ma anche la sostenibilità nel curriculum del lavoratore di domani. Lo rivela LinkedIn, che ha recentemente pubblicato la classifica delle 15 professioni “del futuro”, focalizzandosi su nuove skills e attitudini richieste dal mercato. In questa originale “hit” spicca il Sustainability Specialist, al quarto posto: si tratta di una nuova figura cruciale e altamente richiesta, che già nel panorama attuale riveste un ruolo di rilevanza .

Il ruolo del Sustainability Specialist

Il ‘Sustainability Specialist’ è responsabile della creazione, supervisione e implementazione di strategie finalizzate al raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità delle organizzazioni. Questa figura è particolarmente richiesta dall’Unione europea, in un contesto dove sono sempre più in gioco interessi privati e pubblici, sociali e umanitari .

Quali competenze servono?  

Le competenze richieste spaziano dalla rendicontazione di sostenibilità alla capacità di consulenza per uno sviluppo sostenibile delle pratiche aziendali. Secondo LinkedIn, i settori più rappresentati sono la ‘Consulenza di servizi aziendali’, la ‘Produzione di macchinari’ e la ‘Fabbricazione di mezzi di trasporto’. Inoltre, il 65% di questi ruoli è occupato da donne, in netta prevalenza rispetto ai colleghi uomini.

Il profilo del Sustainability Specialist

Per essere un professionista davvero ricercato dalle aziende, LinkedIn suggerisce che il Sustainability Specialist debba possedere almeno un grado di competenza medio, pari a 2,8 anni di esperienza in ruoli analoghi. Questi professionisti abbracciano compiti come il project management, la consulenza ambientale e l’analisi del business.

Il ruolo del Sustainability Specialist riflette un cambiamento in atto nel mondo del lavoro, influenzato dall’automazione e dall’intelligenza artificiale. L’opportunità di lavorare da remoto per questa figura è tuttavia limitata, con solo circa il 5% di possibilità, sottolineando la necessità della presenza fisica per questo ruolo..

Il 61% degli italiani cerca nuove opportunità 

Nel 2024, rivela Linkedin, il 61% dei professionisti italiani si metterà alla ricerca di nuove opportunità. Per questa ragione è fondamentale sapersi adattare alle nuove tendenze del lavoro. La classifica di LinkedIn, basata sui dati esclusivi della piattaforma, fornisce insight preziosi sulle professioni in rapida ascesa, indicando le nuove opportunità e suggerendo come rendere la propria carriera allineata alle sfide del futuro.

La top five delle nuove professioni

La classifica di Linkedin evidenzia le 5 figure che saranno più richieste dalle aziende. Sono: Sales Development Representative; Ingegneri dell’Intelligenza Artificiale; Analista SOC: Sustainability Specialis; e infine Cloud engineer.

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IT Wallet: in arrivo il nuovo strumento per la gestione digitale dei documenti

È in arrivo per la metà del 2024 il nuovo It Wallet, lo strumento digitale che rivoluzionerà l’accesso ai servizi pubblici e privati per tutti gli italiani
L’It Wallet è infatti la soluzione elettronica che permetterà a cittadine e cittadini di conservare e utilizzare in modo semplice e sicuro tutti i propri documenti digitali, come la Carta d’identità elettronica, la tessera sanitaria, la patente di guida e la carta europea della disabilità, sul proprio smartphone.

Il nuovo portafoglio digitale sarà disponibile a partire dalla metà dell’anno appena iniziato all’interno dell’app IO.
IO è la piattaforma che consente di accedere ai servizi online della Pubblica Amministrazione e delle organizzazioni ed enti privati aderenti al servizio.

Obiettivo del portafoglio digitale: velocizzare e semplificare l’accesso ai servizi 

L’obiettivo di It Wallet è quello di facilitare il rapporto tra i cittadini e la Pubblica Amministrazione, velocizzando e semplificando l’accesso ai servizi digitali.
Inoltre, in futuro il portafoglio digitale sarà integrato con i sistemi di identità digitale europei, consentendo quindi ai cittadini e alle cittadine di usufruire dei servizi online anche negli altri Paesi dell’Unione Europea.

Nel frattempo, sarà certamente fondamentale garantire l’accessibilità anche ai cittadini meno avvezzi alla tecnologia, e mantenere funzionanti i canali tradizionali di comunicazione con la Pubblica Amministrazione. In questo modo, viene reso più agevole il processo di digitalizzazione e modernizzazione della ‘macchina Stato’.

Più pratico e sicuro, anche in caso di furto o smarrimento dello smartphone

L’It Wallet funzionerà attraverso l’app IO, e per l’accesso richiederà l’uso dello Spid o della Carta d’identità elettronica (Cie).
I documenti saranno protetti da codice o impronta digitale e potranno essere bloccati in caso di furto o smarrimento del telefono.

Oltre a essere più sicuro, It Wallet renderà certamente più pratico anche mostrare i documenti, senza la necessità di portare con sé documenti fisici.

Entro il 2026 arriverà il wallet digitale europeo

La versione dimostrativa di It Wallet verrà rilasciata entro il 30 giugno 2024, e cui seguirà la versione definitiva entro la fine dell’anno.
Entro il 2025, poi, l’It Wallet diventerà l’unica identità digitale nazionale, ed entro il 2026, verrà realizzato il portafoglio digitale europeo.

Per prepararsi all’arrivo di It Wallet si consiglia anzitutto di scaricare l’app IO e registrarsi con lo Spid o la Cie.
Quindi, verificare la validità e l’aggiornamento dei documenti e seguire le informazioni ufficiali sulle novità di It Wallet.

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Identità digitali: 61% degli italiani con SPID, ma la crescita rallenta

A oggi in Italia 36,4 milioni di cittadini maggiorenni e 13mila minorenni hanno attivato SPID.
Si tratta del 61% della popolazione, con accessi totali stabili in una media di 25 l’anno per utente, oltre 1 miliardo nel 2022.
Inoltre, sono in possesso di Carta d’Identità Elettronica 39,3 milioni di italiani.

Ma la versione digitale della CIE, abilitata dall’app CieID, risulta ancora fortemente sottoutilizzata. Solo 4 milioni di utenti la usano per accedere ai servizi online.
Sono alcuni risultati della ricerca dell’Osservatorio Digital Identity della School of Management del Politecnico di Milano.

Carta d’Identità Elettronica: +23% in un anno

Se le carte d’identità elettroniche sono cresciute del 23% in un anno, SPID sembra aver raggiunto un plateau, assestandosi a un tasso di crescita più contenuto rispetto agli ultimi anni: +9% da gennaio-novembre 2023 contro il +23% del 2022.
Di questo passo, l’obiettivo fissato nel PNRR di raggiungere 42,3 milioni di identità digitali entro giugno 2026 sembra ancora lontano.

Un rallentamento che si osserva anche nel confronto internazionale: se in Svezia e Norvegia i sistemi di identità digitale raggiungono già circa l’80% della popolazione, il sistema francese FranceConnect in un anno è salito dal 60% al 61%, quello belga itsme® dal 56% al 58%.
Mostrano un’incidenza inferiore allo SPID italiano, il Chave Movel Digital portoghese (54% della popolazione) e lo SwissId elvetico (39%).

L’European Digital Identity Wallet

Si è concluso il confronto sul fronte normativo di eIDAS 2.0 tra istituzioni europee e Stati membri per la versione definitiva del Regolamento alla base dell’European Digital Identity Wallet, previsto non prima del 2026.
Si sta poi lavorando sull’Architecture Reference Framework, che definisce standard comuni, specifiche tecniche e linee guida per la creazione dei wallet nazionali interoperabili fra gli Stati membri.

Alcuni Stati hanno già iniziato una transizione dei sistemi attivi verso un modello di digital identity wallet. In Francia è stata lanciata l’app France Identité, su cui è possibile memorizzare la versione digitale dei documenti di riconoscimento, mentre in Grecia l’app Gov.gr Wallet consente di dematerializzare CI e patente e utilizzarle per l’accesso a servizi digitali di banche e aziende delle telecomunicazioni, oltre che per il riconoscimento in luoghi fisici.

Verso l’IT Wallet

Nel 2023 l’Italia ha preso decisioni importanti sulla convivenza di SPID e CIE. Nonostante il rinnovo delle convenzioni degli Identity Provider di SPID giunto a maggio 2023 e valido per il prossimo biennio, la strategia dell’attuale Governo è portare questi due sistemi verso la convergenza.

SPID si è ormai consolidato come chiave di accesso ai servizi pubblici, mentre continua a registrare un’adozione inferiore al proprio potenziale nel mondo privato. La CIE, nonostante la diffusione del documento fisico, risulta ancora fortemente sottoutilizzata per accedere ai servizi online nella versione digitale. In questo processo di consolidamento, l’Italia sta definendo la propria strada verso il wallet, costruendo un prototipo nazionale, l’IT Wallet, che dovrebbe essere un’estensione dell’app IO.

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Lavoro agile: quali sono le tendenze europee?

Littler, il più grande studio di diritto del lavoro, ha pubblicato il sesto rapporto annuale, denominato “European Employer Survey Report”, basato su risposte provenienti da quasi 800 hr manager, in-house e imprenditori in tutta Europa.
L’indagine analizza le soluzioni adottate dai datori di lavoro di fronte ai cambiamenti culturali nella gestione dei rapporti di lavoro, focalizzandosi sulla flessibilità come strategia chiave.

Flessibilità è la parola d’ordine

Dopo anni di sconvolgimenti e incertezze, sembra che negli uffici e nelle aziende di tutta Europa si sita consolidando un nuovo modo di operare, con modelli flessibili e ibridi destinati a durare nel tempo. I risultati del sondaggio 2023 di Littler mostrano che il lavoro in presenza e quello a distanza abbiano una distribuzione simile rispetto al 2022, evidenziando una stabilità nella transizione verso nuovi modelli di lavoro.

In Italia, i datori di lavoro sembrano aver adeguato gli orari di lavoro in presenza per soddisfare meglio le preferenze e le esigenze di flessibilità e bilanciamento tra lavoro e vita privata dei dipendenti. Nel 2023, solo un terzo (33%) dei datori di lavoro italiani chiede ai propri dipendenti di essere completamente in ufficio, rispetto al 52% dell’anno precedente. Il 44% offre ora modelli ibridi, evidenziando una significativa transizione verso il lavoro remoto.

Differenze tra Germania e USA

L’indagine evidenzia che, a differenza degli Stati Uniti, dove solo il 16% dei datori di lavoro richiede il lavoro completamente in presenza, in Europa ancora il 30% delle aziende adotta questo approccio. La Germania spicca con solo il 22% delle imprese che impone il ritorno in ufficio. Tuttavia, la resistenza al lavoro in presenza indica un disallineamento persistente tra datori di lavoro e dipendenti.

Sfide e opportunità dell’IA nel settore HR

I datori di lavoro europei stanno esplorando l’uso di strumenti di intelligenza artificiale (IA) nell’ambito delle risorse umane, ma emergono differenze significative nei vari paesi. Sebbene il 61% utilizzi strumenti di AI predittiva per funzioni HR, il 39% non lo fa. In Italia, il 76% utilizza l’AI predittiva, dimostrando una maggiore apertura rispetto a Francia e Germania.

Le grandi questioni sul tavolo

Le questioni sociali e culturali, insieme alle sfide di tipo legislativo legate al luogo di lavoro, sono tra le principali criticità che i datori di lavoro europei devono affrontare. Il 75% ha dichiarato di trovare impegnativo gestire le aspettative poste dai dipendenti in queste aree. Inoltre, il 64% ritiene le questioni legali “ad alto rischio”, tanto che i top manager hanno decisamente alzato l’attenzione su questo aspetto.  

Infine, il rapporto di Littler fornisce un quadro dettagliato delle dinamiche del lavoro in Europa, affrontando anche temi come salute mentale, trasparenza delle retribuzioni, protezione dei whistleblower e iniziative ESG. L’Italia, nonostante le sfide, dimostra una certa lungimiranza nel modernizzare i processi lavorativi  e nell’adozione di strumenti avanzati come l’IA.

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I responsabili marketing della aziende? Ottimisti, nonostante tutto

Nonostante la persistente crisi economica, i responsabili del marketing guardano con ottimismo verso il futuro. Manifestano un alto livello di fiducia,  sono inclini ad investire in attività di costruzione del brand a lungo termine e riescono a proteggere i propri budget.
Il nuovo rapporto “CMO Outlook” di GfK rivela quanto i professionisti del marketing si affidino alle nuove tecnologie come l’intelligenza artificiale (IA) e gli insight in tempo reale. Tuttavia, emerge anche un notevole divario tra le aspettative dei marketer e quelle dei consumatori in termini di sostenibilità.

Il valore di un brand “forte”

In un contesto di incertezza economica, i responsabili del marketing potrebbero sentirsi tentati a concentrarsi su attività a breve termine, che producono risultati immediati, riducendo gli investimenti a lungo termine. Nonostante questo approccio tattico possa temporaneamente migliorare i bilanci, gli investimenti nella costruzione e nel mantenimento di un brand forte tendono a ripagare nel lungo periodo.
Un brand solido consente di ridurre i costi di acquisizione dei clienti, migliorare la fedeltà dei clienti, ottimizzare i lanci di prodotti e proteggere i margini anche in periodi caratterizzati da inflazione elevata.

Investimenti a lungo termine 

Fortunatamente, i responsabili del marketing sembrano aver abbracciato questo approccio lungimirante. Il nuovo rapporto “CMO Outlook” di GfK rivela che nonostante le crisi in corso, oltre due terzi (70%) dei leader del marketing a livello internazionale investono oltre il 50% del loro budget in iniziative a lungo termine, come campagne di costruzione del brand. Tra i direttori marketing (CMO), questa percentuale sale addirittura al 78%.

Se si analizzano i dati per settore, i responsabili marketing delle aziende di tecnologia dei consumatori (76%), automotive (76%) e retail (74%) sono quelli che investono di più nelle strategie di costruzione del brand a lungo termine. Anche le aziende B2B mostrano una particolare propensione per gli investimenti a lungo termine.

Il livello di fiducia è alto

Nonostante la crisi, i responsabili del marketing rimangono ottimisti per il futuro. A livello globale, il 61% dei marketer ritiene che il loro settore sia stato colpito più duramente rispetto ad altri dalle turbolenze degli ultimi anni. Tuttavia, esistono differenze geografiche: il 66% dei responsabili marketing in Europa e il 65% in Nord America ritiene di essere stato particolarmente influenzato dalla situazione economica. In Africa e Medio Oriente, solo il 52% è d’accordo con questa affermazione, mentre nella regione Asia-Pacifico questa percentuale si assesta al 55%.

Nonostante ciò, il livello di fiducia rimane alto: quasi tre quarti dei responsabili del marketing dichiara che la propria azienda è cresciuta negli ultimi tre anni. Ancora più alta (78%) è la percentuale di coloro che si dicono ottimisti riguardo al futuro. Questi marketer ottimisti sono anche quelli che si concentrano maggiormente sulle azioni di costruzione del brand a lungo termine (77%), suggerendo un collegamento tra ottimismo e investimenti a lungo termine.

L’analisi dei dati e gli insight sui consumatori

L’analisi dei dati e gli insight sui consumatori sono sempre più importanti per ottimizzare le campagne di marketing. Il 61% dei responsabili marketing dichiara di ricevere insight operativi immediatamente dopo la raccolta dei dati o in tempi brevi, mentre solo il 3% ritiene che la generazione di insight richieda troppo tempo per essere utile.
Le aziende più grandi sembrano avere un vantaggio, poiché più grande è l’azienda, maggiore è la percentuale di insight generati in tempo reale. L’Europa è in testa, con il 33% dei marketer che afferma di ricevere insight in tempo reale, rispetto alla media globale del 26%.
L’integrazione dei dati è il principale ostacolo per ottenere insight in tempo reale, come dichiarato da un terzo dei responsabili marketing a livello globale. Complessivamente, il 44% afferma di voler ottenere maggiori insight utili per le decisioni, mentre il 42% mira a migliorare l’integrazione dei dati nelle proprie aziende.

L’IA entra nei processi  

L’adozione dell’intelligenza artificiale (AI) sta trasformando il modo di lavorare nel campo del marketing. Quasi la metà dei CMO a livello mondiale (45%) dichiara di utilizzare già l’AI, mentre il 40% conosce o utilizza i modelli di machine learning. L’adozione di ChatGPT è stata rapida, con il 36% degli intervistati che lo stavano già utilizzando a marzo 2023.
Inoltre, i marketer che lavorano in grandi aziende sono più familiari con questa tecnologia e sono più inclini a essere early adopter rispetto a quelli che operano in aziende più piccole.

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Pagamenti digitali, nel primo semestre valgono 206 miliardi di euro

Nel primo semestre del 2023, i pagamenti digitali in Italia hanno registrato un notevole aumento, raggiungendo la cifra di 206 miliardi di euro. Questo rappresenta una crescita del 13% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Nonostante il forte impulso causato dalla pandemia stia gradualmente diminuendo, è previsto che entro la fine dell’anno i pagamenti digitali possano raggiungere un valore compreso tra 425 e 440 miliardi di euro, avvicinandosi così al totale dei pagamenti in contanti.

Questi dati emergono dall’edizione semestrale dell’Osservatorio Innovative Payments della School of Management del Politecnico di Milano, presentata durante il Convegno “I pagamenti digitali in Italia nel 2023”.

La “miccia”? E’ stata la pandemia

La pandemia ha spinto gli italiani verso modalità di pagamento che non coinvolgono contante, accelerando notevolmente l’adozione dei pagamenti digitali, un settore in cui l’Italia era in ritardo rispetto all’Unione Europea. Tuttavia, la crescita dei pagamenti digitali si è ora stabilizzata a un tasso simile a quello precedente alla pandemia, con un aumento medio annuo del 10,5% nel periodo 2016-2019. Nel primo semestre del 2023, il numero di transazioni digitali è aumentato del 17,6%, raggiungendo 4,5 miliardi, mentre il valore medio delle transazioni è sceso a 45,7 euro, quasi due euro in meno rispetto all’anno precedente.

I pagamenti con carta di credito stanno crescendo più velocemente dell’inflazione (stimata al 6,4% a giugno 2023), indicando che gli italiani stanno sempre più utilizzando i pagamenti elettronici. Tuttavia, senza ulteriori stimoli o misure per promuovere l’uso dei pagamenti digitali, si prevede che la crescita si stabilizzerà nei prossimi anni ai livelli pre-pandemici.

I pagamenti contactless a più di 100 miliardi di euro

Tra i pagamenti fisici, quelli “contactless” hanno superato i 100 miliardi di euro nel primo semestre 2023, sebbene con un tasso di crescita più moderato rispetto al passato (+25%). Questo indica che il contactless sta raggiungendo un livello di maturità, con oltre il 70% dei pagamenti fisici effettuati con carta.
Nel frattempo, i pagamenti tramite dispositivi mobili e wearable all’interno dei negozi continuano a crescere rapidamente, con un transato di 12,2 miliardi di euro (+97%) nel primo semestre e 450 milioni di transazioni (+108%).

Tre milioni di POS in tutta Italia

In Italia, sono attualmente presenti oltre 3 milioni di terminali POS, uno dei più alti numeri in Europa, sebbene il tradizionale POS stia gradualmente cedendo il passo a nuovi strumenti come il Mobile POS e lo Smart POS, che promettono un’evoluzione nell’accettazione dei pagamenti digitali.

Un altro trend significativo è rappresentato dal “Buy Now Pay Later,” che è cresciuto nel corso dell’ultimo anno. Tuttavia, il cambiamento nei contesti macroeconomici e i timori legati all’indebitamento dei consumatori stanno portando operatori del settore a rivisitare il loro modello di business per renderlo più sostenibile.

Un contrasto all’evasione fiscale

Infine, l’aumento dei pagamenti digitali offre l’opportunità di combattere l’evasione fiscale, poiché i pagamenti con carta sono più tracciabili rispetto al contante. Una ricerca dell’Osservatorio Innovative Payments ha rivelato che il 35,3% del transato in contanti non viene dichiarato, evidenziando il potenziale benefico dei pagamenti digitali nella lotta all’evasione fiscale.
Tuttavia, è importante bilanciare la promozione dei pagamenti digitali con il mantenimento del contante per garantire l’inclusione finanziaria di tutti.

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A cosa servono i report sulla sostenibilità?

Gli obiettivi ambientali, sociali e di governance sono traguardi strategici che le aziende si prefiggono per gestire efficacemente il loro impatto sulla società e sull’ambiente. Questi obiettivi rientrano in tre categorie, Ambientale, Sociale, Governance. I report sulla sostenibilità forniscono una visione completa dell’impatto di un’azienda in ambito economico, ambientale e sociale (ESG). La formulazione e divulgazione degli obiettivi aiuta le aziende a implementare cambiamenti fondamentali, posizionandole favorevolmente in un’economia globale sempre più incentrata sulla sostenibilità. In pratica, il report di sostenibilità non fornisce solo una visione completa dell’impatto aziendale in ambito ESG, ma è una guida per modellare il futuro operativo, prevedere i cambiamenti e pianificarli efficacemente, migliorando così l’efficienza complessiva.

Stakeholder e Framework

I consumatori e i potenziali partner commerciali sono più esigenti che mai, e attribuiscono grande importanza all’allineamento dei loro valori con gli impegni dei marchi che supportano.
In questo contesto, il report di sostenibilità dimostra la trasparenza delle aziende su questioni etiche, ambientali e sociali. Nel panorama aziendale odierno, oltre il 90% delle più grandi aziende del mondo segnala il proprio impatto sulla sostenibilità. Esistono più di 600 diversi framework in tutto il mondo che mirano a facilitare la rendicontazione e il monitoraggio dei progressi ESG. Una significativa maggioranza delle organizzazioni opta per i GRI Standards. Gettonati anche i framework alternativi International Integrated Reporting Committee (IIRC) e gli standard del Sustainability Accounting Standards Board (SASB).

GRI e IIRC

Gli standard della Global Reporting Initiative (GRI), rinomati per il loro approccio globale, completezza e flessibilità, si rivolgono ad aziende di tutte le dimensioni. Consentono di misurare la performance e l’impatto delle azioni messe in atto, fornendo indicazioni sugli aspetti economici, ambientali e sociali e attraendo un’ampia gamma di parti interessate, compresi gli investitori.
L’84% delle più grandi aziende del mondo applica le linee guida GRI nell’approccio allo sviluppo sostenibile. L’Integrated Reporting Framework (IRF) dell’International Integrated Reporting Council incoraggia invece la segnalazione integrata di dati finanziari e non finanziari, facendo appello principalmente agli investitori e ai finanziatori globali. I report combinano le informazioni finanziarie annuali tradizionali con i dati ESG, descrivendo in dettaglio la creazione di valore su periodi di breve, medio e lungo termine.

SASB

Gli standard SASB (Sustainability Accounting Standards Board) si rivolgono a un pubblico più ristretto, principalmente investitori. Una delle caratteristiche distintive di SASB, riferisce Adnkronos,  è la creazione di oltre 70 standard specifici del settore. Questi, in combinazione con le mappe di materialità di SASB, possono essere estremamente utili per le aziende che hanno appena iniziato il loro percorso di reporting, aiutandole a identificare gli elementi materiali per il reporting e offrendo un quadro più standardizzato per il benchmarking.

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Imprese, sostenibilità e innovazione nel 2023: la fotografia dell’Istat

Oltre agli scenari economici globali incerti e instabili sul sistema produttivo italiano pesano l’elevata frammentazione e la sua scarsa propensione a investire. Soprattutto da parte delle imprese piccole e micro. Tuttavia, a quanto emerge dal Rapporto annuale dell’Istat per il 2023, l’anno passato il mondo delle imprese italiane ha mostrato una notevole capacità di resilienza agli shock originati dall’incremento dei prezzi dei beni importati, e in particolare dai prodotti energetici. E nei primi mesi del 2023, appena fuori dalla fase più acuta della crisi energetica, una quota rilevante di imprese italiane nella manifattura e nei servizi di mercato ha intrapreso o pianificato l’adozione di strategie di sviluppo sostenibile. 

Incentivi pubblici a R&S: stimolo efficace, ma selettivo

Nel corso del 2022, comunque, “si è registrato un ampio recupero delle esportazioni, fortemente penalizzate durante la fase più acuta della pandemia – commenta l’Istat -. La partecipazione alle catene globali del valore si accompagna a una maggiore competitività sui mercati internazionali, ove quest’ultima è strettamente legata anche alla capacità di innovare e di investire in conoscenza. Inoltre, le imprese innovative godono di significativi vantaggi nelle performance economiche e nella propensione all’export, anche a parità di dimensione media di impresa. Gli incentivi pubblici a R&S, con il meccanismo del credito di imposta, sono uno stimolo efficace, ma selettivo, alla crescita della produttività totale dei fattori, in particolare per le imprese esportatrici manifatturiere e multinazionali”.

Propensione all’innovazione e dimensione aziendale

Nel mondo imprenditoriale, ancora caratterizzato dalla forte prevalenza di Pmi (solo l’1% è costituto da grandi aziende), diventano di fondamentale importanza innovazione, ricerca e sviluppo.
La propensione all’innovazione cresce all’aumentare della dimensione aziendale: se nelle piccole imprese una su due è attiva sul fronte dell’innovazione, in quelle di media dimensione il 65,7% svolge attività innovative, e nelle grandi tre su quattro innovano. Il Rapporto evidenzia che le imprese innovatrici godono di un differenziale positivo (+37%) di produttività del lavoro rispetto alle non innovatrici. Differenziale che aumenta per le imprese innovatrici attive nella R&S (+44,7%) ed è massimo nelle grandi imprese attive nella R&S (+46,7%).

Più investimenti in R&S uguale più produttività

Tra le innovatrici, le imprese che investono in R&S beneficiano di un differenziale positivo di produttività rispetto a quelle che non svolgono attività di R&S (+5,6%). Il differenziale è massimo nel settore dei servizi (+8,2%).
Nel triennio 2018-2020, il 50,9% delle imprese industriali e dei servizi con 10 o più addetti ha svolto attività innovative di prodotto e di processo. La quota è in calo di circa 5 punti percentuali rispetto al triennio precedente. Tra le cause della sospensione o riduzione dell’innovazione c’è stata l’emergenza sanitaria, indicata dal 64,8% delle aziende con attività innovative, in particolare per le più piccole, il 66,7, contro il 50,2% delle grandi.

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