Dal Giappone arrivano le dimissioni “timide”: di cosa si tratta?

Il fenomeno della fuga dal lavoro non ha confini, e dal Giappone arrivano le dimissioni ‘timide’. Ovvero, si tratta di pagare qualcuno per dirlo al ‘capo’.
Se nel post-Covid si sono affermate le cosiddette Grandi dimissioni, non tutti sembrano in grado di affrontare lo stress di questo modo di licenziarsi dal lavoro.
Almeno nel Paese del Sol Levante, a giudicare dalla fortuna di agenzie come ExitInc, specializzate in ‘dimissioni per procura’.

Come riferisce il Financial Times, a fronte di una spesa piuttosto modesta, pari a un massimo che si aggira intorno a 150 euro, queste aziende gestiscono le dimissioni del lavoratore, permettendogli di uscire senza stress, imbarazzi o momenti difficili come lo svuotamento della scrivania. E non si tratta di casi isolati.

Com’è difficile tagliare il cordone con l’azienda!

Alla base del successo di queste società, c’è, a quanto pare, la difficoltà dei dipendenti a tagliare il cordone ombelicale con la propria azienda. Soprattutto in una cultura, quella giapponese, dove il rapporto di lavoro è vissuto con un approccio quasi simbiotico.

Di fatto, il numero di uscite dal lavoro gestite da queste agenzie si è triplicato nel giro di un anno, e ora è nell’ordine delle migliaia ogni mese.
Una delle più attive Momuri, nome traducibile con ‘Ne ho abbastanza’, per chi volesse licenziarsi due volte nel giro di 12 mesi, offre addirittura le seconde dimissioni a metà prezzo.

Un aiuto ad andarsene senza sensi di colpa

È il segno di una mobilità ‘senza sensi di colpa’, piuttosto inedita per il sistema lavorativo giapponese, che nasce anche da un mercato del lavoro in continua contrazione sul quale impatta il calo demografico.

Chi è abbastanza qualificato da trovare un buon posto di lavoro, in caso di insoddisfazione, si sente abbastanza sicuro di trovarne un altro, solo che secondo il Financial Times, questo fenomeno assume dimensioni insolite quando si tratta delle giovani generazioni, magari alle prese con la prima occupazione.

Alla base ci sono problemi di governance

Dal momento che l’anno finanziario nipponico inizia il primo aprile, quella è spesso la data di ingresso dei nuovi lavoratori.
Peccato che alcuni neo-dipendenti chiamino le società di dimissioni per procura già dopo il primo giorno trascorso in ufficio.
Alla fine del mese di aprile 2024 la Momuri aveva ‘accompagnato’ fuori dall’azienda 200 dipendenti incapaci di sopportare i capi, i colleghi, o i compiti loro assegnati.

Il quotidiano ricorda come le aziende giapponesi abbiano spesso problemi di governance, frutto dell’incapacità di applicare i vecchi schemi alle nuove realtà lavorative. Ma questo raramente accade,  riferisce Adnkronos, e per chi vuole ripartire c’è sempre un’agenzia che ti aiuta. Non è un caso che ExitInc abbia anche una società ‘sorella’, ReBoot che, come dice il nome, aiuta i lavoratori a ripartire, magari con maggiori soddisfazioni.

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Come prepararsi a un colloquio di lavoro in inglese?

L’importanza dell’inglese nel mondo del lavoro è ormai un dato assodato. E’ questa una delle lingue più richieste nel contesto lavorativo, tanto da diventare quasi una competenza implicita in molte aree professionali. Edusogno, la startup di apprendimento online fondata da giovani talenti, offre 6 preziosi consigli per affrontare con successo un colloquio in inglese.

Trasparenza e onestà

Essere trasparenti riguardo alla propria competenza linguistica è fondamentale. Per questo è importante riportare correttamente il proprio livello sul curriculum in base al Quadro comune europeo di riferimento per le lingue, e non mentire su eventuali certificazioni e soggiorni all’estero durante il colloquio: sono in gioco la nostra serietà e senso di responsabilità. Inoltre, condividere con il recruiter la volontà di intraprendere un percorso volto al miglioramento della lingua, può essere un gesto molto apprezzato.

Conoscere l’interlocutore

Fare ricerca sulla realtà aziendale dove si sosterrà il colloquio è cruciale per arrivare preparati. Essere consapevoli delle aspettative e delle opportunità di lavoro permette di discutere in modo efficace durante il colloquio.

Curriculum tradotto in inglese

Anche se si cerca lavoro in Italia, avere una versione del curriculum in inglese è un vantaggio imprescindibile, soprattutto considerando che molte aziende lo richiedono.  È importante quindi essere in grado di espore il proprio CV parlando della propria istruzione e delle esperienze lavorative con la stessa fluidità con cui si è in grado di farlo in italiano.

Preparare le risposte

Stilare domande e risposte in inglese aiuta a non trovarsi impreparati o spaventati in fase di colloquio. Essere pronti a parlare del proprio percorso di studi, esperienze lavorative e aspetti personali è la base per affrontare gran parte delle domande e rispondere in modo adeguato. Inoltre è bene prepararsi a rispondere anche in merito a passioni e attitudini personali, e alle curiosità più insidiose come ‘Tre pregi e tre difetti?’ o ‘Dove vorresti essere tra 5 o 10 anni?’. Esercitarsi a essere fluenti nelle risposte può davvero fare la differenza.

Essere proattivi

Preparare un breve argomento personale permette di rompere il ghiaccio all’inizio del colloquio e trasmettere sicurezza.

Simulare il colloquio

Fare una simulazione con un madrelingua o una persona fluente aiuta a individuare punti deboli e intervenire tempestivamente per migliorare.

“La competenza linguistica, soprattutto in inglese, è sempre più richiesta nel mondo del lavoro. Investire nella formazione linguistica è fondamentale per chi aspira a carriere di successo”, afferma Marco Daneri, direttore dell’istruzione di Edusogno.

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I papà italiani tra preoccupazioni, aspirazioni e cambiamento del proprio ruolo

L’ultima edizione dell’Osservatorio Eumetra Parents (and Grandparents) offre una fotografia dei papà italiani oggi, tra preoccupazioni, aspirazioni e cambiamento del proprio ruolo all’interno della famiglia moderna.
Anzitutto, la principale fonte di preoccupazione per i padri italiani è il tema economico, con un occhio particolare al rialzo dei prezzi (56%) e all’andamento dell’economia italiana (41%), seguiti dal cambiamento climatico (39%). 

E sebbene il 61% dei padri indichi una stabilità delle entrate, il 51% riferisce una diminuzione dei risparmi della famiglia. Inoltre, il 77% dei papà è preoccupato per il futuro, con un picco di ansia (85%) tra coloro che hanno figli tra 0 e 3 anni di età.

Un ruolo in mutamento all’interno della famiglia

“Il nostro Osservatorio – sottolinea Matteo Lucchi, ceo Eumetra – mette in luce un chiaro cambiamento all’interno delle dinamiche famigliari. I papà mostrano un maggior desiderio di protagonismo, anche nelle scelte o attività di cura quotidiana dei figli”.

Sebbene l’81% dei papà consideri il lavoro come chiave per la realizzazione personale, lo studio mostra come una percentuale non altrettanto elevata ritenga il proprio ruolo nella famiglia già sufficiente a questo scopo.
Il 91% pone i figli al primo posto, l’82% si sente realizzato come genitore, ma il 61% si sente sotto pressione o stressato. Nonostante ciò, quasi la metà dei papà si assegnerebbe un voto eccellente come genitore (tra 8 e 10), con una media complessiva di 7,4. 

Con i figli non si annoiano, ma vogliono regole rigorose

E ancora: l’82% afferma di non annoiarsi mai con i propri figli e il 74% impone regole rigorose. Inoltre, la questione di una maggiore conciliazione tra lavoro e genitorialità è sentita anche tra i papà, con il 39% che richiede maggiori supporti familiari e il 31% che riconosce la necessità di compromessi.

Come incentivo a un maggiore sviluppo della genitorialità tra le giovani generazioni, i papà mettono al primo posto un lavoro stabile e sicuro (24%), seguito da uno stipendio adeguato (22%), con solo il 16% che considera cruciale il sostegno economico dello Stato (tuttavia, il 52% lo giudica sufficiente).

Cosa significa essere genitori oggi?

Sulle questioni di genere, il 61% sostiene che sia giusto acquistare oggetti ‘appropriati’ per bambine e bambini, mentre l’uso di smartphone e tablet come supporto nel gestire i figli è una realtà per il 53% dei papà.
La gestione quotidiana della casa vede un impegno equo del 51% dei padri, con un 69% che condivide decisioni e responsabilità con la madre.

Per quanto riguarda gli acquisti, c’è una divisione dei compiti: alimentazione (66%), puericultura pesante (75%), giochi (78%), materiale scolastico (66%), farmaci (72%) e vacanze (75%).
Inoltre, l’81% dei papà parla o parlerà di sostenibilità con i figli, l’83% di inclusione e diversità e il 31% effettua acquisti tenendo conto della sostenibilità del prodotto.

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L’assenza di comunità, uno dei mali dell’epoca

Secondo una ricerca del Censis, dal titolo ‘La tentazione del tralasciare’, realizzata a cinquant’anni dal convegno diocesano su ‘I mali di Roma’ del febbraio ’74, oggi il male di cui occuparsi è l’assenza del senso di comunità, ovvero, il soggettivismo indifferente.
In un mondo in cui alla sovrabbondanza dei mezzi corrisponde un deficit di fini, è diffusa una forte dose di indifferenza, per cui vince l’attitudine al ‘tralasciare’, una sorta di peccato di omissione.

Inoltre, oggi ci troviamo di fronte a un paradosso: siamo una società fortemente soggettivista, ma con soggetti deboli, molto individualista, ma con una scarsa forza di affermazione individuale, parecchio egoista, ma fatta di ego fragili. 

Lo scarso senso di appartenenza dei giovani

Se al 66% degli italiani non piace la società in cui vivono, e la percentuale sale drammaticamente al 72% tra i giovani, solo il 15% sente di appartenere pienamente a una comunità al di là della propria famiglia.

Più della metà dei giovani non si sente parte di una comunità e di questi 3 su 4 non ne sentono neanche la mancanza. La percentuale di chi si riconosce pienamente in una comunità sale solo al 37% anche tra i cattolici praticanti.
Lo scarso senso di appartenenza a una comunità si sposa con la sensazione di contare poco nell’ambiente in cui si vive. Questo vale per il 48% degli italiani (60% giovani).

Alla ricerca di un senso profondo della vita: la dimensione spirituale

Complessivamente, però, per il 72% degli italiani la sfera spirituale è importante. Il 56% si sente parte del cammino dell’umanità, il 55% si interroga sul senso profondo della vita, il 54% avverte la mancanza di qualcosa che i beni materiali non possono dare.

Tuttavia, il 53% ritiene che il cammino interiore sia una esperienza soggettiva, da vivere individualmente, non in modo condiviso. E solo per il 19% una vita degna di essere vissuta è quella in cui si fa del bene agli altri.
Resta però un 28% di persone che coltivano la loro spiritualità partecipando ai riti religiosi secondo la propria confessione.

Poco altruismo, molti rammarichi

Solo il 18% degli italiani ritiene di non avere nulla da rimproverarsi. Il 64% pensa invece di non avere messo a frutto adeguatamente i propri talenti (percentuale che sale al 70% nell’età di mezzo, tra i 45 e i 65 anni). Appena il 18% si rammarica di non avere fatto di più per gli altri.

Insomma, la parabola dei talenti fa riflettere più della parabola del buon samaritano. Poi però il 64% prova sensi di colpa, soprattutto a causa del proprio egoismo.
“Dietro ogni momento di indifferenza tralasciante c’è una dinamica psichica che rinvia agli atteggiamenti soggettivi qui richiamati – commenta Giuseppe De Rita, presidente del Censis -. Riprendere oggi il filo del ’74 significa approfondire non più i mali di Roma, ma il cruciale male del soggettivismo indifferente”.

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Longevity: le linee guida per le aziende

Intoo, la società di Gi Group Holding, segnala le linee guida per le aziende che vogliono gestire al meglio la longevity.

I trend demografici riguardano sempre più le organizzazioni e oggi è necessario che la longevità venga vista come una risorsa piuttosto che come una criticità. “Una conoscenza approfondita della popolazione aziendale è fondamentale -spiega Alessandra Giordano, direttore employability e career development Intoo -: significa conoscere il livello di competenze, gli aspetti motivazionali e i bisogni. Soprattutto quando parliamo di over 55 con skill ed esperienza.”

Sviluppare un nuovo approccio all’age management significa “fare cultura precoce sulla pianificazione anche per i più giovani”, aggiunge Giordano.

Un succession plan è strategico

Per prima cosa occorre acquisire una mappatura approfondita e organizzata delle competenze professionali e delle caratteristiche personali possedute dai collaboratori per valorizzare l’esperienza dei longennials, e fare in modo che le skill di tutta la popolazione aziendale siano sempre in linea con le esigenze dell’organizzazione.

Si tratta di un’opportunità per comprendere la possibilità di affidare nuovi compiti e responsabilità, disporre di un piano di empowering efficace sul medio e lungo periodo e progettare correttamente il trasferimento di valori tecnico-professionali verso le nuove generazioni. 

Un succession plan è strategico in settori con significativa presenza di ruoli ad alto contenuto specialistico, tecnico e scientifico. La pianificazione deve avvenire almeno cinque anni prima del passaggio, nel caso di manager apicali.

Il welfare generalizzato non funziona più

Momenti di confronto e condivisione sono utili non solo per la crescita di giovani talenti in azienda, ma anche per aiutare i più senior ad acquisire consapevolezza su come prendersi cura della propria employability, aggiornando le competenze distintive per affrontare una nuova fase professionale, una transizione graduale dal lavoro alla pensione o come generare reddito anche fuori dall’impiego. Si possono attivare così percorsi di empowering individuali per diventare longennials, ovvero over 60 con una vita professionale attiva.

Età diverse corrispondono a necessità professionali e personali diverse.
Il welfare generalizzato non funziona più;. Occorre organizzare piani e pacchetti di soluzioni personalizzate per fasce d’età o specifiche esigenze.

Una questione troppo spesso sottovalutata o procrastinata

Considerando le 3 dimensioni fondamentali, capitale umano, fisico e finanziario da tutelare, è importante che le organizzazioni promuovano una corretta informazione e una “cultura” di consapevolezza specifica sul tema e la questione del genere.

Infatti, è ancora più urgente per le donne, sia da un punto di vista previdenziale sia assistenziale/familiare, perché più spesso caregiver di genitori o anche partner.

Di fondo, però, tutte le possibili azioni da implementare sottendono un ascolto attivo della propria workforce per capirne i veri bisogni, legati tanto al singolo lavoratore quanto alla persona nella sua interezza e unicità.

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Pagamenti digitali: nel 2023 rallenta ma cresce a doppia cifra, +12%

Nel 2023 il transato con strumenti di pagamento digitale ha registrato 444 miliardi di euro, un valore che include sia pagamenti basati su carte e wallet (436 miliardi di euro transati, +12% vs 2022), sia pagamenti basati su conto corrente (8 miliardi, circa +20%).
Dopo il biennio 2021-2022, che ha definito un cambiamento strutturale nelle abitudini dei consumatori, la crescita dei pagamenti digitali in Italia sta tornando lentamente verso ritmi antecedenti alla crisi pandemica.

In ogni caso, oggi quasi 8 transazioni digitali su 10 in negozio vengono effettuate in modalità ‘tap&go’ con carte fisiche contactless o dispositivi dotati di tecnologia NFC, che raggiungono un valore di transato pari a 240 miliardi.
Emerge dall’Osservatorio Innovative Payments della School of Management del Politecnico di Milano. 

Italia al 24° in Europa per numero di transazioni con carta

Sul totale dei consumi, i pagamenti digitali arrivano a costituire il 40% del valore, un’incidenza di poco inferiore a quella del contante.
A livello europeo, la crescita del nostro Paese non è ancora sufficiente per scalare posti in classifica. L’Italia rimane al 24° posto su 27 nella classifica della BCE per numero di transazioni pro capite con carta registrate nel 2022.

Un altro fenomeno in grande ascesa è il Buy Now Pay Later (BNPL). Nel 2023 nel nostro Paese il transato con questa forma di pagamento ha raggiunto 4,6 miliardi di euro, attestandosi, nella sua componente online, al 6,5% di penetrazione sul totale del mercato e-commerce nazionale.
Inoltre, il 14% degli italiani lo ha già utilizzato, principalmente per acquisti online.

Gli Alternative Payment Methods

Negli ultimi anni gli Alternative Payment Methods (APM), i pagamenti che non passano per i circuiti tradizionali come quelli delle carte, stanno guadagnando sempre più interesse da parte del mercato e delle Istituzioni.

Il grado di diffusione degli APM non è però omogeneo a livello globale. In Europa l’offerta di pagamenti alternativi cresce ancora in modo frammentato nei singoli Paesi. È infatti principalmente caratterizzata da servizi che riescono a ottenere buona diffusione locale, ma che si scontrano con maggiori complessità a livello internazionale.
Un’ulteriore spinta innovativa è data dallo sviluppo di nuove tecnologie, prima fra tutte l’Intelligenza artificiale, già diffusa nel mondo dei pagamenti per i processi interni. 

I trend del futuro: Open API, IoT, blockchain

Oltre all’AI, si guarda all’evolversi del trend dell’Open API, già avviato dalla PSD2, all’Internet of Things fino alle criptovalute e la tecnologia blockchain, che grazie alla definitiva approvazione della Markets in Crypto-Asset regulation (MiCAr), vedono un interesse crescente da parte di aziende e consumatori.

Anche l’Italia vede all’orizzonte nuove tecnologie e nuovi device che influenzeranno il modo in cui si effettueranno e accetteranno pagamenti.
Nel 2023 cominciano a prendere piede le prime soluzioni Software POS. Numerosi operatori del mondo dei sistemi cassa, hanno infatti iniziato a distribuire agli esercenti questo tipo di prodotti, utilizzabili sia come strumenti stand-alone sia in affiancamento ai dispositivi POS fisici già installati.

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Mercato immobiliare a Milano, Monza Brianza, Lodi: quotazioni e tendenze

Le rilevazioni sui prezzi immobiliari indicano un rallentamento delle transazioni nelle zone di Milano, Monza Brianza e Lodi nel secondo semestre del 2023. Il calo delle compravendite è da attribuirsi all’incremento dei tassi e alle maggiori difficoltà nell’ottenere mutui e finanziamenti. E, in un mercato più cauto dove la domanda e l’offerta ancora non convergono pienamente, anche i tempi di compravendita si allungano. Lo scenario emerge dall’ultima analisi condotta dalla Commissione Immobili della Camera di Commercio di Milano Monza Brianza Lodi.

Prezzi, trend più positivo a Monza e Lodi

I dati sull’andamento dei prezzi, raccolti dalla Camera di Commercio e elaborati in collaborazione con l’Ufficio Studi di Confcommercio Milano Lodi Monza e Brianza, mostrano un aumento del 1% a Milano nel settore residenziale rispetto al primo semestre 2023, con incrementi più significativi del 2% a Lodi e Monza. Nel dettaglio, a Milano gli appartamenti nuovi nella zona sud registrano una modesta crescita del 2%, mentre a Monza il quadrante est brilla con un aumento del 4%. Per quanto riguarda Lodi è la periferia a segnare un incremento del 4%.

L’andamento delle quotazioni

A Milano, le quotazioni rimangono stabili con incrementi contenuti sia nel settore residenziale che non residenziale, con prezzi medi di 6.400 €/mq per gli appartamenti nuovi. La crescita dei prezzi è uniforme in tutte le zone, oscillando tra l’1% e il 2%. Nel centro, il valore massimo medio raggiunge 11.671 €/mq (+1%), mentre nella zona sud è di 4.712 €/mq (+2%). A Monza città, il prezzo medio per il nuovo si attesta a 3.228 €/mq, con una crescita del 4% nella zona est (2.563 €/mq) e incrementi più modesti nelle altre aree, dove i prezzi sono più elevati (5.563 €/mq nel centro storico). Per quanto riguarda Lodi, si osserva una crescita del 2% nel prezzo medio di acquisto del nuovo (2.375 €/mq), con un aumento significativo del 4% in periferia a 2.164 €/mq e prezzi medi di 3.075 €/mq nel centro città.

Un “momento di riflessione”

Il vicepresidente della Commissione Immobili, Marco Zanardi, commenta che il mercato sta attraversando un periodo di riflessione. In particolare, si presenta un divario tra i desiderata dei proprietari –  che si aspettano ancora i valori del 2022 – e quelli degli acquirenti, che invece puntano al ribasso in base alle stime del 2024.  La notizia positiva, però, è che ci si attende un recupero nel numero di transazioni e degli investimenti grazie alla prevista diminuzione dei tassi di interesse nella seconda metà del 2024. In questo contesto, in attesa di tempi migliori, si nota anche una tendenza verso la locazione da parte di coloro che non raggiungono gli standard richiesti dalle banche.

Aumenta l’appeal del nuovo 

Cresce poi l’interesse degli acquirenti per nuove costruzioni con standard energetici elevati, così come l’appeal di soluzioni dalle dimensioni più ampie e dotate di spazi per lo smart working.  Si nota anche l’emergere di un mercato per la “seconda prima casa”: aumentano gli acquisti al di fuori della città in località solitamente dedicate alla villeggiatura, ma da adibire a residenza per periodi più lunghi. 

Monza e Lodi, favorite da costi minori e miglior qualità della vita

Le città di Monza e Lodi piacciono non solo perchè presentano costi più contenuti rispetto a Milano, ma perchè possono offrire una migliore qualità di vita. In particolare, cresce l’interesse verso le zone ben collegate e servite. Nel Lodigiano, la dinamica è più intensa nella parte nord e nel capoluogo, ben collegati a Milano, mentre la situazione è più complessa nella Bassa. Per quanto riguarda il settore degli uffici, sia in compravendita sia in locazione, si osserva una ripresa dovuta al ritorno delle persone negli ambienti di lavoro, ma con una riduzione delle superfici richieste a causa della consolidata pratica del lavoro ibrido.

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Lavoro e cybersecurity: le aziende lamentano carenza di personale InfoSec

A fronte di un aumento della frequenza e della complessità degli attacchi e di una maggior richiesta di professionisti InfoSec da parte delle aziende, il numero di figure specializzate che soddisfano i requisiti aziendali in termini di competenze e livello di expertise sta diminuendo.

Secondo una ricerca condotta da (ISC)2 sulla forza lavoro nel campo della cybersecurity è emerso un gap di forza di quasi 4 milioni di lavoratori InfoSec nel 2022. E secondo la ricerca globale ‘The portrait of modern Information Security professional’, realizzata da Kaspersky, risulta che in Europa il 31% delle aziende intervistate considera i propri team di cybersecurity sotto organico.

Information Security Research e Malware Analysis i più difficili da trovare in Europa

A livello mondiale, la Russia ha registrato la maggiore carenza di personale, seguita da America Latina, APAC e META.
I ruoli di Information Security Research e Malware Analysis sono quelli che registrano in Europa una maggiore carenza di personale, e secondo il 47% delle aziende, sono anche i più difficili da assegnare. L’Europa è il Paese con la maggiore richiesta per questi ruoli, seguita da Russia e America Latina.

In Europa le posizioni di Threat Intelligence e Security Research (43%), Security Assessment (40%) e Security Operations Center (37%) sono leggermente meno carenti di personale, mentre il minor numero di posti disponibili, nonostante sia un ruolo ancora molto richiesto, è quello di Network Security (36%).

Il settore governativo segnala le richieste maggiori

A livello mondiale, invece, la carenza di esperti SOC è particolarmente evidente in APAC, mentre quella di analisti di Security Assessment e Network Security riguarda soprattutto l’area META.
Se si considerano i fabbisogni di cybersecurity nei vari settori a livello mondiale, il settore governativo ha segnalato la più alta richiesta di professionisti della cybersecurity e ha ammesso che quasi la metà (46%) dei ruoli InfoSec richiesti non sono stati coperti.

Anche i settori telco&media (39%) sono carenti di personale, seguiti da retail & wholesale e sanità con il 37% di ruoli vacanti.
I settori che hanno registrato il minor numero di posti liberi in ambito InfoSec sono, al contrario, l’IT (31%) e i servizi finanziari (27%), ma è allarmante che le cifre si aggirino comunque intorno a un terzo.

“Difficoltà a formare professionisti idonei”

“Per ridurre la carenza di professionisti qualificati nel campo dell’InfoSec, le aziende offrono stipendi elevati, migliori condizioni di lavoro e programmi di bonus – commenta Vladimir Dashchenko, Security Evangelist, ICS CERT, Kaspersky -. Il tasso di crescita del mercato IT nazionale in alcune regioni in via di sviluppo sta cambiando così rapidamente che il settore del lavoro non è in grado di preparare e formare specialisti idonei, dotati delle conoscenze e delle competenze necessarie, in tempi così stretti. Al contrario, le aree con economie sviluppate e aziende mature non registrano una carenza così marcata, poiché i loro tassi sono inferiori alla media del mercato”.

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Stereotipi di genere nel mondo scientifico: c’è ancora molta strada da fare

Nonostante i significativi progressi degli ultimi anni, le donne sono ancora sottorappresentate in molte discipline scientifiche, in particolare nel settore STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica).
La Giornata Internazionale delle Donne e Ragazze nella Scienza, celebrata ogni anno l’11 febbraio, è promossa dall’ONU con l’obiettivo di riconoscere e promuovere la partecipazione femminile nelle comunità scientifiche e tecnologiche, sfidando gli stereotipi di genere e promuovendo l’uguaglianza di genere.

Il team di Ipsos Public Affairs ha indagato le opinioni degli italiani, rivelando le percezioni sulla presenza femminile nelle discipline scientifiche e le possibili soluzioni per eliminare la disuguaglianza di genere nel mondo scientifico. 

Il punto di vista degli italiani

L’opinione pubblica sostiene ampiamente che non esistono differenze in termini di predisposizione e attitudine tra ragazzi e ragazze. Più di due italiani su tre non credono che i ragazzi siano più adatti alle discipline scientifiche, e viceversa, che le ragazze siano più predisposte per le discipline umanistiche, formative o relative alla cura.

Nonostante ciò, una ‘divisione delle competenze e capacità’ persiste in una minoranza ristretta, circa il 16%. Un antico stereotipo che tende a prevalere non tanto tra gli uomini (20% contro il 13% delle donne), ma sorprendentemente tra i più giovani: il 25% dei Millennials e addirittura il 29% degli Zoomers considerano valida questa distinzione.

La presenza femminile nelle discipline scientifiche 

Esiste effettivamente un divario: secondo i dati Istat del 2022, più di un uomo laureato su tre ha scelto il campo STEM, mentre solo una donna laureata su sei ha fatto la stessa scelta. Questa è una differenza significativa, che viene ignorata o riconosciuta, ma sottostimata da una parte considerevole della popolazione.

La tendenza è più evidente tra gli uomini e i giovani rispetto alle donne e alle persone di età più avanzata.
Nonostante il fenomeno possa essere in parte sottostimato, le sue cause sono chiare. Tre italiani su cinque ritengono che siano gli stereotipi di genere a scoraggiare le donne dal perseguire una carriera nel campo scientifico. Una visione particolarmente diffusa tra le donne (due su tre) e i Boomers (72%).

Come eliminare la disuguaglianza di genere?

Le cosiddette ‘quote rosa’, ovvero riservare una certa percentuale di posti alle donne nelle istituzioni scientifiche e di ricerca, sono una soluzione molto sostenuta dal 70% degli intervistati. Tuttavia, il supporto diminuisce tra i laureati, gli studenti e il ‘ceto dirigente’, dove meno di un terzo è d’accordo con questa misura.

Molte altre proposte sembrano essere più apprezzate, come il miglioramento dell’equilibrio tra vita privata e lavoro, l’investimento in educazione di base attraverso programmi scolastici e campagne educative sui media tradizionali e social. E l’aumento della visibilità delle donne già presenti in posizioni di leadership nella comunità scientifica.

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Come funziona l’aria condizionata canalizzata?

L’aria condizionata canalizzata è un tipo di impianto che offre un comfort tanto invisibile e silenzioso quanto efficace, dato che distribuisce l’aria fresca in tutti gli ambienti di casa attraverso un sistema di tubi appositamente nascosti nel controsoffitto.

Ma come funziona questo tipo di impianto? In che modo cambia il comfort di casa facendone installare uno? Questo è proprio ciò di cui parleremo di seguito.

Un sistema invisibile per un comfort diffuso

L’elemento più importante di un sistema di climatizzazione canalizzata è la sua discrezione e dunque l’impatto estetico minimo. L’unica parte visibile è infatti rappresentata dalle griglie di mandata e ripresa dell’aria, che possiamo notare nel controsoffitto o sulle pareti.

L’unico split, che invia l’aria climatizzata in tutta la casa, è nascosto all’interno di un apposito vano a lui dedicato, facilmente accessibile così da consentire normalmente le operazioni di manutenzione.

Il motore, invece, trova posto all’esterno dell’abitazione, il che ti garantisce maggior silenziosità in casa e un ingombro minimo.

Il cuore pulsante del sistema: l’unità esterna

L’unità esterna ospita i componenti principali del sistema: il compressore, il condensatore e l’evaporatore. Il compressore ha il compito di comprimere il gas refrigerante, aumentando la sua pressione e temperatura. Il gas passa poi nel condensatore, dove cede il calore all’ambiente esterno e si liquefà. Il liquido refrigerante, a bassa pressione e temperatura, entra quindi nell’evaporatore, dove assorbe il calore dall’aria presente nell’ambiente da climatizzare, evaporando.

L’aria fresca si diffonde in tutta la casa

L’aria raffreddata nell’evaporatore viene poi convogliata attraverso un sistema di tubi canalizzati, nascosti nel controsoffitto, fino alle griglie di mandata presenti in ogni ambiente.

Le griglie di ripresa, invece, aspirano l’aria viziata e la incanalano verso l’unità esterna, dove viene reimmessa nell’ambiente dopo essere stata deumidificata e filtrata.

Un sistema versatile che soddisfa diverse esigenze

L’aria condizionata canalizzata offre grande flessibilità, dato che è in grado di adattarsi alle diverse esigenze abitative o climatizzare grandi ambienti e locali commerciali.

Grazie alla differente gestione delle zone inoltre, è possibile decidere di climatizzare solo una parte dell’ambiente e non la sua totalità. In casa ad esempio, si può decidere di raffrescare solo la zona giorno e non quella notte o viceversa.

In aree commerciali invece, potrebbe essere conveniente climatizzare l’area in cui si trovano i clienti ed escludere momentaneamente il magazzino, se non serve rinfrescarlo.

Efficienza energetica e controllo intelligente

I moderni sistemi di aria condizionata canalizzata sono dotati di tecnologie avanzate che garantiscono un’elevata efficienza energetica.

L’inverter consente di modulare la potenza del compressore in base alle reali necessità, ottimizzando i consumi. Inoltre, l’integrazione con sistemi di domotica permette di controllare il sistema da remoto, programmare la sua accensione e spegnimento e monitorare i consumi energetici.

Ciò consente di di avere sempre sotto controllo i consumi e regolarsi di conseguenza, con un notevole risparmio di energia e relativi vantaggi per l’ambiente.

Un investimento che garantisce comfort e benessere

L’aria condizionata canalizzata rappresenta un investimento per il comfort e il benessere delle persone che ne usufruiscono.

Tanto è vero che non ci sarà più quel fastidioso “shock” termico passando da una stanza all’altra come avviene con i monosplit.

Con la climatizzazione canalizzata infatti, la temperatura è la stessa in tutti gli ambienti di casa, dunque non si sarà più “costretti” a rimanere all’interno di una delle stanze climatizzate, ma al contrario si avrà la libertà di muoversi senza più badare alla temperatura.

Lo stesso vale per quelle giornate umide e afose durante le quali la semplice funzione “deumidificatore” è in grado di eliminare l’umidità in eccesso dall’aria, consentiendo a tutta la famiglia di godere del livello di comfort che ci si attendere di avere tra le mura domestiche.