Imprese, sostenibilità e innovazione nel 2023: la fotografia dell’Istat

Oltre agli scenari economici globali incerti e instabili sul sistema produttivo italiano pesano l’elevata frammentazione e la sua scarsa propensione a investire. Soprattutto da parte delle imprese piccole e micro. Tuttavia, a quanto emerge dal Rapporto annuale dell’Istat per il 2023, l’anno passato il mondo delle imprese italiane ha mostrato una notevole capacità di resilienza agli shock originati dall’incremento dei prezzi dei beni importati, e in particolare dai prodotti energetici. E nei primi mesi del 2023, appena fuori dalla fase più acuta della crisi energetica, una quota rilevante di imprese italiane nella manifattura e nei servizi di mercato ha intrapreso o pianificato l’adozione di strategie di sviluppo sostenibile. 

Incentivi pubblici a R&S: stimolo efficace, ma selettivo

Nel corso del 2022, comunque, “si è registrato un ampio recupero delle esportazioni, fortemente penalizzate durante la fase più acuta della pandemia – commenta l’Istat -. La partecipazione alle catene globali del valore si accompagna a una maggiore competitività sui mercati internazionali, ove quest’ultima è strettamente legata anche alla capacità di innovare e di investire in conoscenza. Inoltre, le imprese innovative godono di significativi vantaggi nelle performance economiche e nella propensione all’export, anche a parità di dimensione media di impresa. Gli incentivi pubblici a R&S, con il meccanismo del credito di imposta, sono uno stimolo efficace, ma selettivo, alla crescita della produttività totale dei fattori, in particolare per le imprese esportatrici manifatturiere e multinazionali”.

Propensione all’innovazione e dimensione aziendale

Nel mondo imprenditoriale, ancora caratterizzato dalla forte prevalenza di Pmi (solo l’1% è costituto da grandi aziende), diventano di fondamentale importanza innovazione, ricerca e sviluppo.
La propensione all’innovazione cresce all’aumentare della dimensione aziendale: se nelle piccole imprese una su due è attiva sul fronte dell’innovazione, in quelle di media dimensione il 65,7% svolge attività innovative, e nelle grandi tre su quattro innovano. Il Rapporto evidenzia che le imprese innovatrici godono di un differenziale positivo (+37%) di produttività del lavoro rispetto alle non innovatrici. Differenziale che aumenta per le imprese innovatrici attive nella R&S (+44,7%) ed è massimo nelle grandi imprese attive nella R&S (+46,7%).

Più investimenti in R&S uguale più produttività

Tra le innovatrici, le imprese che investono in R&S beneficiano di un differenziale positivo di produttività rispetto a quelle che non svolgono attività di R&S (+5,6%). Il differenziale è massimo nel settore dei servizi (+8,2%).
Nel triennio 2018-2020, il 50,9% delle imprese industriali e dei servizi con 10 o più addetti ha svolto attività innovative di prodotto e di processo. La quota è in calo di circa 5 punti percentuali rispetto al triennio precedente. Tra le cause della sospensione o riduzione dell’innovazione c’è stata l’emergenza sanitaria, indicata dal 64,8% delle aziende con attività innovative, in particolare per le più piccole, il 66,7, contro il 50,2% delle grandi.

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